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LA MANHO PERTUSINO

Gli anziani raccontano che in questa grande grotta (Barmo Grando) viveva, un tempo lontano, una strega molto malvagia, conosciuta come Manho Pertusino.

La Manho Pertusino

Manho Pertusino aveva come unico compagno un gufo che le aveva insegnato i misteri della notte buia. Con i suoi sortilegi la masca aveva stregato tutta la montagna: le pecore non brucavano più l’erba, le galline non facevano più le uova, le capre non facevano più capretti. Anche le sorgenti si erano prosciugate, a parte la sua personale, quella nella grotta, che puoi ancora vedere qui, sul sentiero.

I pastori che abitavano su quella montagna non sapevano più come fare, neppure preti e frati erano riusciti ad allontanare i malefici di Manho Pertusino. Ma una primavera, nel gregge del vecchio Prit, nacque una pecora bellissima che fu chiamata Belinéto. L’agnellina era così bella, vispa e giocherellona che attirò le simpatie di un piccolo uomo del bosco, un sarvanot tutto rosso e peloso, che viveva sopra la grotta. Il sarvanot prese sotto la sua protezione la piccola Belinéto, la accarezzava, le portava il sale da leccare, la pettinava, correva felicecon lei su e giù per i pascoli.

Il vecchio Prit, vedendo l’amicizia che legava quell’omino rosso a Belinéto, raccontò al sarvanot di temere che la vecchia strega potesse far del male alla sua pecorella. Lo strano omino, determinato nel voler tenere lontana la sua pecora da Manho Pertusino, una mattina si presentò davanti all’ingresso della grotta e urlò alla strega di lasciare per sempre quel luogo. La vecchia uscì, guardò intorno e, ad altezza d'uomo, non vide nessuno. Quando guardò a terra e notò quel piccolo omino iniziò a sghignazzare e apostrofarlo con fare presuntuoso,
invitandolo a tornare nella tana da cui era uscito. Allora il sarvanot, spinto dalla rabbia, iniziò a prendere la strega a randellate: menava gran colpi di bastone in ogni direzione, ma, per effetto di un sortilegio, la sua clava colpiva solo l'aria e la donna malvagia scomparve nell’oscurità. All’interno della grotta la strega era protetta dai suoi sortilegi, bisognava farla uscire da quell’antro buio. Così il sarvanot escogitò un tranello.

Il mattino successivo, di buon'ora, era nuovamente innanzi a Barmo Grando, questa volta armato di un ricco assortimento di fischietti. Nascosto tra i cespugli sottostanti la grotta, iniziò a suonarli uno per uno, imitando il verso di tutti gli uccelli conosciuti. Stanata dalla curiosità per tutto quel frastuono, Manho Pertusino lasciò il suo antro buio mentre il sarvanot, indietreggiando non visto, passo dopo passo, la attirò verso il bordo della roccia sottostante. Appena la strega si sporse nel burrone per guardare da dove venisse il suono le piombò alle spalle e, con uno spintone, la buttò di sotto. La strega morì sul colpo a causa della terribile caduta e i corvi pensarono a mangiarsela. Manho Pertusino era
stata sconfitta da quel piccolo omino rosso peloso, finalmente gli uomini potevano tornare con i loro animali su quei prati e farli abbeverare alle fonti. La tranquillità tornò a regnare intorno alla grotta e il coraggioso sarvanot poté continuare a giocare con la sua pecora preferita su quei pendii e tra quelle rocce dove tutt'ora, con un po’ di fortuna, lo si può incontrare, mentre corre indisturbato.

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